P. LACHERT, Adda Saga abruzzese. Romanzo – Romanza, Tipheret – Gruppo Editoriale Bonanno, Acireale – Roma 2014, pp. 395, €. 20,00.
Adda Saga abruzzese di Piotr Lachert è un bel romanzo, una fabula affascinante, che ripropone la saga particolare e unica della sua vita.
Egli, figlio della mitteleuropa, prodiga di orfani abbandonati nel manto oscuro del secolo breve, è di conseguenza un Odisseo contemporaneo, al tempo stesso sognatore e razionalista, come lo fu il figlio di Laerte. Ulisse nel suo lungo viaggiò errò sospinto dai venti ora benevoli di Eolo ora procellosi di Poseidone, Piotr invece fu balestrato per le contrade del vecchio continente dalla brezza della musica e il suo vascello fu il pianoforte, la cui tastiera, con l’alternarsi di tasti bianchi e neri, ripropone la luce e le tenebre dell’esistenza. Le dita del tempo scorsero veloci su quelle tarsie d’ebano e d’avorio generando una sinfonia dolorosa ed esaltante d’amore e di morte, di delusione e di speranza.
Sul pentagramma Piotr scrisse la sua romanza con note diverse che la vita gli propose, alternando alle tonalità solari del Do Maggiore quelle angoscianti del Do Minore. Già, perché la vita, è un melodramma straordinario, ove basta scalare di un semitono per invertire il contesto dell’aria.
Nella sua composizione esistenziale l’autore approda in Abruzzo, terra di spiagge e di montagne, aspra di roccia e armoniosa di colori, luogo di pastori e di mercanti, d’intellettuali inquieti e di concreti borghesi, provincia angusta e magione del sogno che non conosce confini perché sale, sale, sale … nel cielo dove le nuvole, figlie dell’acqua e del fuoco, scrivono e cancellano mille storie per rallegrare il padre sole.
Fra l’Adriatico e il Gran Sasso il Nostro riscoprì la comédie humaine così complessa e indefinibile da restare per molti un arcano insondabile. Egli, figlio d’adozione d’Abruzzo, rimodellò se stesso, in un processo iniziatico di crescita interiore, di riscoperta del sé. L’amore ne fu il crisma, un’unzione che illumina e svela, dischiudendo e ridefinendo orizzonti che sembravano noti; conobbe così nuove ansie sottili, gioie paniche, timori di perdere l’isola erratica, scoperta nel gioco ineffabile dell’esistenza, come si legge in Garcia Lorca: “Temo di perdete la meraviglia / dei tuoi occhi di statua e la cadenza / che di notte mi posa sulla guancia / la rosa solitaria del tuo respiro. / Temo di essere sulla riva / un tronco spoglio, e quel che più m’accora / e non avere fiore polpa argilla / […] / non farmi perdere ciò che ho raggiunto / e guarisci le acque del tuo fiume / con le foglie del mio folle autunno”.
Difronte a Piotr Lachert si spalancarono in tal modo le porte di un percorso nuovo, tanto che il vissuto precedente parve in una penombra deprivata di luce: “prima di bussare alla porta della casa tu mi avevi aspettato nel buio, nel buio della tua nascita. Della quale non sei responsabile. Le tue responsabilità hanno inizio con le tue scelte. Non avevi scelto né i tuoi genitori, né il luogo, né la data della tua natività”.
In siffatto brano si compendia il senso e la spirito di Saga Abruzzese, un romanzo dove ragione e pulsione, progetti ed attese, paure e perplessità, si uniscono in un coro che genera emozione e cattura il lettore, portandolo a riflettere e a rivivere sullo spartito dell’autore il proprio, cogliendo un aspetto spesso dimenticato dell’esistenza: la capacità di proporre, in ogni momento, variazioni inaspettate, capaci di mutare radicalmente una storia, la storia di ciascuno di noi.
dalla Premessa