Da tempo immemorabile la notte del 30 aprile si festeggia la primavera, onorando con feste, canti e danze, il suo mese più rappresentativo: maggio.
Nelle città al calendimaggio si organizzavano pranzi e cene, balli tondi, tornei e cortei dove si celebrava il trionfo della primavera; occasione irripetibile per nobili e ricchi mercanti per dar sfoggio del loro potere. Celebre è la ballata scritta per tale occasione dal Poliziano:
“Ben venga maggio
e ‘l gonfalon selvaggio
Ben venga primavera,
che vuol l’uom s’innamori:
e voi donzelle, a schiera
con li vostri amadori,
che di rose e di fiori, vi fate belle a maggio, venite alla frescura
delli verdi arbuscelli.
Ogni bella è sicura
fra tanti damigelli,
ché le fiere e gli uccelli
ardon d’amore il maggio”.
Nelle campagne ad accogliere Maggio, ci pensavano i maggianti o i maggerini squadre di giovani e di meno giovani che andavano da colonica a colonica da fattoria a fattoria annunciando il ritorno della bella stagione:
“Eccoci giunti a questa abitazione
dove risiede qua la buona gente
se lo permette la vostra signoria
vi canteremo il maggio allegramente.
I fiori novelli ci dan l’allegria
si vedon da i levante e da i ponente
le rose, le viole e ogni foraggio
sembra che tutti dican: viva Maggio”.
I maggerini cantavano e poetavano, improvvisando in ottava rima e spesso si cimentavano in veri e propri tenzoni poetici, dove arguzia, ironia e maliziose allusioni provocavano l’ilarità dei presenti.
Il cantar maggio, che secondo alcuni risale ai festeggiamenti celtici per il giorno di Beltane, aveva anche una funzione propiziatoria e apotropaica: favoriva buoni raccolti e teneva lontani i demoni tempestari. Per questo le famiglie visitate dalle allegre brigate erano sempre generose e prima che i maggerini se ne andassero mettevano sempre nella gerla del corbellaio generi alimentari, fra le quali qualche preziosa salsiccia. Se la famiglia era stata eccessivamente parsimoniosa il poeta si lamentava intonando versi come questi:
“Ce ne andiamo a lenti passi
con un cuore molto afflitto
la frittata senza ciccio
sembra un muro senza sassi”.
Quest’anno l’Ateneo Tradizionale, nella notte del 30 aprile, ha voluto assistere a un cantar maggio che, con tutti i crismi della tradizione, si è celebrato in una fattoria della Maremma massetana.
Il giorno dopo è seguita la visita di Massa Marittima, una delle perle della Toscana.
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