A Villa Borbone tre giorni di iniziative. Il programma della rassegna.
Link all’articolo su La Nazione del 14 agosto 2016 (Viareggio pag. 47)
A Villa Borbone tre giorni di iniziative. Il programma della rassegna.
Link all’articolo su La Nazione del 14 agosto 2016 (Viareggio pag. 47)
in La Repubblica – Firenze, 16 Febbraio 2016, pag. IX, di Simona Poli
Di Francesco de Victoriis, La Nazione – Pisa – Pontedera, Sabato 18 Aprile 2015, pag. 35
Raduno tolkeniano a Vicopisano, di Francesca Bianchi in La Nazione, 16 Aprile 2015, pag. 33
SAN MARINO – Sotto l’egida delle Segreterie di Stato Affari Interni, Affari Esteri, Cultura, Turismo e Territorio in collaborazione con l’Ufficio del Turismo e con il coordinamento del giornalista Roberto Pinotti, continua il proprio svolgimento l’edizione 2014 del tradizionale “doppio evento” autunnale di San Marino al Teatro Titano dedicato al 15° Simposio Mondiale sulle Origini Perdute della Civiltà e gli Anacronismi Storico-Archeologici (chiusosi ieri) e al complementare 14° Simposio Mondiale su Scienza, Tradizione e Dimensioni del Sacro che si è aperto oggi.
Il simposio odierno è organizzato da Pinotti in collaborazione con “l’Ateneo Tradizionale Mediterraneo” (ATM), l’organismo culturale e scientifico che ha visto recentemente la luce grazie al suo fondatore, lo scrittore e saggista fiorentino prof. Luigi Pruneti. Con l’occasione i presenti vengono simpaticamente omaggiati del primo numero della rivista culturale ROSA MYSTICA, organo ufficiale aperiodico dell’Ateneo.
I vari oratori affrontano l’enigma dell’esoterismo di cui tanti (e specie i giovani) in effetti sentono oggi il forte fascino prendendo spunto dall’icona della rosa, ricorrente simbolo nella storia e nella cultura umana. Non è certo un caso se Umberto Eco ha a suo tempo intitolato “Il nome della rosa” il suo più noto romanzo.
Così “Esoterismo e mistero all’ombra della rosa”, il tema congressuale, vede Milena Barletta discettare dell’immagine di questo fiore nella Cabala ebraica, Simone Taddei ed Enrica Gallo affrontare la tematica della rosa fra René Guenon e Bill Gates, Luigi Pruneti sviscerarne le complesse valenze simbologiche e letterarie, Giovanni Francesco Carpeoro dibattere la complessa questione dei Rosa+Croce antesignani della Libera Muratoria, lo stesso Roberto Pinotti collegare la rosa al Fantastico e perfino Lidia Parentelli proporre il tema in rapporto alla famosa “Isola delle Rose” costruita oltre 40 anni fa di fronte a Rimini al di fuori delle acque territoriali e al suo incompreso messaggio di pace, libertà e internazionalismo.
Ne scaturisce indiscutibilmente un incontro affascinante e quanto mai stimolante, che grazie alla simbologia scaturente dal fiore più bello in botanica proietta in positivo Tradizione, cultura e Spiritualità verso il futuro di un XXI secolo agli inizi che ne ha certo un grande bisogno.
San Marino Fixing, 31 ottobre 2014 Link all’articolo
Corriere di Siena, Giovedì 10 Aprile 2014, pag. 17 e 24
“Si parlerà di una delle più misteriose leggende, oggi a Poggibonsi, quella del”Re del Mondo”che, al riparodaocchi indiscreti, dal sotterraneo regno di Agharta, colmo di perfezione, pace e bellezza, regge i destini del mondo. L’occasione è la presentazione de “Il Mistero del Re del Mondo e il Mito di Agharta”, il saggio scritto per l’editrice Gaia Scienza da Luigi Pruneti. L’happening letterario si svolgerà presso la libreria “Il Mondo dei Libri” (via Socrate Sardelli 23/27) alle ore 18. L’ingresso è libero. Chi lo desidera può poi fermarsi per la cena (presente anche l’autore), al Politeama Caffè.”
Per vedere gli articoli clicca sui seguenti link:
Corriere di Siena, 10 aprile 2014 pag. 17
Corriere di Siena, 10 aprile 2014 pag. 24
A Poggibonsi presentazione del libro “Il Mistero del Re del Mondo e il Mito di Agharta” di Luigi Pruneti. Dal Medioevo a Franco Battiato: un raffinato viaggio nel mito e nella leggenda del Signore che, dal centro della terra, tiene le redini dei destini del mondo.
Si parlerà di una delle più misteriose leggende, giovedì 10 aprile, a Poggibonsi, quella del “Re del Mondo” che, al riparo da occhi indiscreti, dal sotterraneo regno di Agharta, colmo di perfezione, pace e bellezza, regge i destini del mondo. Un Signore che, quando l’umanità precipiterà nelle barbarie e nelle violenze più turpi, tornerà in superficie ad instaurare una nuova Età dell’Oro, in cui pace e prosperità avranno la meglio sull’ignoranza degli uomini. Un personaggio leggendario che, con nomi diversi (come quello del Prete Gianni, re e sacerdote cristiano, sulle cui tracce si pongono invano, prima in Asia e poi in Africa, i più noti viaggiatori medievali e rinascimentali, Marco Polo compreso), attraversa, dalla notte dei tempi, tutte le culture, le tradizioni folkloristiche, le correnti gnostiche ed esoteriche.
L’occasione è la presentazione de “Il Mistero del Re del Mondo e il Mito di Agharta”, il raffinato saggio scritto per l’editrice Gaia Scienza da Luigi Pruneti, Rettore dell’Ateneo Tradizionale Mediterraneo, nonché uno dei massimi studiosi di storia della massoneria (è stato Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia), simbologia, ermeneutica del simbolo, esoterismo e storia delle tradizioni popolari.
Pruneti ripercorrerà la storia del mito da prospettive letterarie, storiche, esoteriche e religiose e ne illustrerà i significati simbolici e metaforici, in un viaggio che, dalla letteratura scientifica (i contributi di René Guénon, Saint-Yves d’Alveydre e Ferdynand Ossendowski, in assoluto i maggiori studiosi della figura) arriva al cinema (“Orizzonte perduto” di Frank Capra, “La montagna sacra” di Alejandro Jodorowsky) e alla musica (il brano “Il Re del Mondo” di Franco Battiato, contenuto nell’album “L’Era del cinghiale bianco”).
L’happening letterario (Libreria “Il Mondo dei Libri”, via Socrate Sardelli n° 23/27, ore 18:00) è organizzato dagli studiosi di simbologia e mitologia Alessandro Antichi, Silvia Cappelli e Annalisa Santini, con il patrocinio del Comune di Poggibonsi e il contributo dell’Ateneo Tradizionale Mediterraneo. L’ingresso è libero. Chi lo desidera può, al termine dell’incontro, fermarsi per la cena (presente anche l’autore), al Politeama Caffè, nel centro storico del borgo senese.
Link al comunicato stampa del 7 aprile 2014
di Aldo A. Mola, il Giornale del Piemonte, 30 Marzo 2014
Quando finì “l’età giolittiana?” Il dibattito dura da un secolo. Per qualcuno lo Statista ebbe le ore contate sin dalla dichiarazione di guerra all’impero turco per la sovranità sulla Libia (ottobre-novembre 1911).Secondo altri fu travolto dalle prime elezioni a suffragio universale maschile, che proprio lui aveva voluto come capolavoro della sua politica. Di sicuro Giolitti finì in un angolo senza prevederlo né capirne bene il perché. Anch’egli, insomma, è tra i Sonnambuli: statisti, diplomatici, militari che (ha scritto Christopher Clark in Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra, ed.Laterza) marciarono verso la fornace ardente trascinandovi o senza fermare i rispettivi popoli.
I fatti. Al governo dal 30 marzo 1911, il 21 marzo 1914 Giovanni Giolitti, piemontese, classe 1842, passò le consegne al nuovo presidente del Consiglio, Antonio Salandra, pugliese, di nove anni più giovane. Quattro volte capo dell’esecutivo, Giolitti aveva vinto le elezioni nell’ottobre 1913. Alla riapertura della Camera ottenne 362 voti contro 90 e 13 astensioni. Ma in Aula alcuni deputati echeggiando umori extraparlamentari: il socialista Orazio Raimondo, il sindacalista Arturo Labriola, il clerico-nazionalista Luigi Federzoni, fiero di aver sconfitto Scipione Borghese nel prestigioso collegio Roma I. Lasciata la moglie a Frascati, Giolitti si ritirò a riflettere in Cavour. Vi condusse vita cadenzata: in piedi alle 7, colazione con caffè-latte e uova, lettura dei giornali, passeggiatina, “lavoro d’ufficio” sino al pranzo delle 12, una partita a tarocchi, una seconda sgambata, lettura, ancora lavoro, una visita ad amici,passeggio nella galleria di casa sino a cena,intorno alle 7, poi una partita a bigliardo e a letto alle 10. “Un gran riposo di cui avevo bisogno” confidò alla moglie.
Il 3 febbraio 1914 presentò alla Camera un ventaglio di disegni di legge: anzitutto lavori pubblici per alleviare la disoccupazione e aumento delle imposte sulla ricchezza. Una sfida ai reazionari. Il 4 marzo rivendicò il successo dell’impresa di Libia e chiese fondi per dare “un po’ di civiltà” alle popolazioni di Tripolitania e Cirenaica. Ottenne 363 “si” contro 83 “no”. Ma i radicali, rafforzati alle elezioni dell’ottobre 1913, passarono all’opposizione. Chiedevano aconfessionalità dello Stato e lotta contro protezionismo e ipertrofia burocratica e militare. Nulla di diverso da Giolitti per il quale lo Stato (incompetente in questioni religiose) e la Chiesa cattolica (libera, ma nella sua sfera spirituale) sono due parallele che non debbono né intrecciarsi né intralciarsi; e aveva sempre combattuto ogni forma di spreco e di parassitismo. Però, come poi si disse del Partito d’Azione, i radicali non sapevano bene che cosa volessero ma lo volevano subito. Capita l’antifona, il 10 marzo Giolitti si dimise, nella generale convinzione che presto sarebbe tornato al potere, come era accaduto nel 1903-1905, nel 1906-1909 e nel 1911. Invitato da Vittorio Emanuele III a formare il governo (sarebbe stata la sua terza volta) Sidney Sonnino rinunciò. Allora il re incaricò Salandra, autorevole esponente della Destra liberale: sottosegretario sin dal 1892, più volte ministro del Tesoro e delle Finanze con Crispi, Pelloux e Sonnino. Giolitti stesso convinse il fido Antonino di San Giuliano, marchese di Paternò Castello, a rimanere ministro degli Esteri, pilastro portante della politica nazionale italiana mentre l’Europa era inquieta per le guerre balcaniche e le tensioni tra impero d’Austria-Ungheria e regno Serbia, spalleggiato da Russia e Francia.
Il nuovo governo comprese ministri di provata esperienza: Ferdinando Martini, ora alle Colonie, era stato all’Istruzione con Giolitti nel 1892, anche Daneo e Luigi Fera erano stati all’Istruzione. Il nuovo governo era un concentrato della Terza Italia. Ogni ministro era guardato a vista da un sottosegretario che ne bilanciava o correggeva il peso. Che cosa si attendeva il Paese dal nuovo governo? Nulla di diverso dal precedente. Nulla di meno rispetto a quello che prima o poi sarebbe seguito. Il 5 aprile Salandra ottenne la fiducia: 303 voti contro 122 (socialisti,repubblicani, radicali) e 9 astensioni.
Giolitti si concesse una meritata vacanza. Il 3 aprile era già a Parigi. Intendeva visitare Bruxelles, Anversa, Rotterdam. Agli albergatori ordinò di rispondere che “era uscito” a chiunque cercasse di lui. Voleva stare in pace. Visitò Parigi da turista: la Tour Eiffel, il Bois de Boulogne, il castello di Chantilly. Passeggiò a lungo nel “magnifico parco” di Versailles.
Era finita l’età giolittiana? Si dimise per un banale conflitto all’interno della maggioranza. Come fosse oggi, quell’Italia era ossessionata dalle gare di partito: congressi politici, giornali, chiacchiere… In secondo luogo nessuno pensava che Salandra sarebbe durato. In giugno esplose una rivolta anarco-socialmassimalista (con aiuti esteri: anzitutto dalla Francia), imbrigliata grazie alla rete di sicurezza collaudata da Giolitti. Ma d’improvviso, appena un mese dopo,l’Europa precipitò nella guerra generale scongiurata per un secolo. Lì, non prima, finì l’egemonia di Giolitti. A quel punto il liberalismo italiano mostrò la sua profonda debolezza. Aveva puntato sulla liberazione dei popoli dal sistema della Santa Alleanza, si era proposto come modello per le nazioni senza Stato (polacchi, finlandesi, boemi,… ), ma era chiuso nella gabbia del concerto delle grandi potenze: non violini o clarinetti ma rombi di cannone.
Nelle Memorie Giolitti scrisse che Guglielmo II di Germania era un pacifista convinto. Forse non lo erano i suoi generali: Alfred von Schlieffen e Helmuth Johann von Moltke. Non lo erano gli alti comandi dell’Impero austro-ungarico. Non lo erano i generali di Francia, Gran Bretagna, Russia. I più prudenti erano gli italiani. Il ministro della Guerra, generale Domenico Grandi, si domandava se il Paese avrebbe seguito il governo in un conflitto di vaste dimensioni. Rassegnò le dimissioni. Armamento non significa necessariamente offensiva preventiva. Perciò, libero dai fastidi dei presidente del Consiglio, dieci giorni dopo l’assassinio di Francesco Ferdinando d’Asburgo a Sarajevo Giolitti continuò tranquillamente a “passare le acque” a Vichy: “paradiso dei medici”. Si concedeva ogni giorno un bagno purificatore e camminava “tutto il giorno come l’ebreo errante non avendo altro da fare”.
Di lì a poco l’Europa esplose. Qualcuno pigiò il dito sul detonatore. Nessuno fermò l’incendio. Molti conclusero che forse l’Universo ha un Grande Architetto ma tanti suoi “apprendisti” seguono una regola affascinante e agghiacciante: l’Ordine nasce dal Caos. Al Bene si arriva con l’accelerazione del Male.
Messo alla prova, il liberalismo italiano risultò incerto, diviso, una somma di clans regionali e di clientele personali, impari alla prova suprema: la grande guerra. Perdurava lo squilibrio tra la Corona, il governo, il Parlamento. Anzi, proprio la prima Camera eletta a suffragio universale risultò evanescente nell’ora decisiva. Allo scoppio del conflitto, per la prima volta in vita sua Giolitti era a Londra. Si precipitò a Parigi per raccomandare al governo la neutralità; Salandra si dichiarò d’accordo: “Stai sereno, Giolitti…”. Ma pochi mesi dopo avviò di nascosto il cambio di alleanze. “E’ stato tutto un inganno…” commentò duro lo Statista della Nuova Italia. (*)
(*) Per riflettere sul 1914, anno cruciale della storia d’Italia, il Consiglio Regionale del Piemonte organizza un convegno di studio (24 ottobre) a Palazzo Lascaris: istituzioni, forze politiche, economia, fermenti culturali. Il liberalismo italiano arrivava da Camillo Cavour, Urbano Rattazzi, i Lamarmora, Sella…, e conobbe una nuova fioritura con Luigi Einaudi. Ma non si epurò mai dalle tossine messe in circolo dalla Grande Guerra.
Il Giornale del Piemonte, 30 marzo 2014 Link all’articolo